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LE ORIGINI CELTICHE DELL’OLTREPÒ PAVESE: TESTIMONIANZE E LUOGHI

  • 2119      Patrizia Ferlini
Focus Oltrepò
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Conosciuto per i suoi ottimi vini, l’Oltrepò Pavese offre meravigliosi scorci sulle colline e sui borghi medievali che sorgono sulle loro sommità. Un passato carico di storia, che ha visto il passaggio di Romani e di Celti, fra i molti.

I Celti non sono né un singolo popolo né una razza, sono diversi popoli che si fusero in un lento processo durato più di mille anni. La parola "celtico" trae le sue origini dal greco "keltai", termine con il quale abitanti di Marsiglia indicavano i membri delle tribù combattenti dell‘area europea che va dalle isole britanniche fino al bacino del Danubio. Nel nostro territorio, troviamo molte testimonianze di questa cultura.

Tra la provincia di Pavia ed Alessandria, si insediò l‘antico popolo celto-ligure dei Marici, precisamente intorno alla città di Clastidium (Casteggio). Da lì, si diffusero fino alle porte di Pavia e in Lomellina, da cui prese il nome Porta Marica, l‘accesso da chi proveniva dal capoluogo. Da testi antichi si evince che vivevano di pesca e che furono protagonisti di una strana alleanza per l‘epoca. Crearono un legame con i Romani che portò nel tempo una fusione tale da far scomparire i Marici.

Altre testimonianze sono state lasciate dai Celti di Golasecca. Siamo ora nel parco del Castello di Valverde, nel cuore delle colline dell‘Oltrepò, un importante sito archeologico. Talmente importante che ha ospitato per qualche anno una festa celtica che si proponeva di diffondere la cultura di quel popolo con ricostruzioni, escursioni e laboratori, per fare un viaggio indietro nel tempo.

Se si passa all‘etimologia, possiamo notare come le desinenze -ago e -igo siano di origine celtica, pertanto è possibile associare anche Fortunago a questa popolazione; l‘origine del nome, infatti, fa riferimento alla dea fortuna.

La presenza dei Celti nelle Quattro Province è avvalorata anche nella vicina Val Trebbia grazie principalmente dalla toponomastica di origine irlandese antica. Nella zona di Travo era stato edificato il santuario di Minerva Medica e Memor, che non ha legami con la dea romana, ma è bensì un‘eroina celtica delle popolazioni rurali. Oltre a questo edificio, si suppone che a Travo ci fosse anche un bosco sacro di querce, dove si tenevano le funzioni amministrative e religiose.

A tal proposito, farei una breve deviazione, precisando che il mondo religioso dei Celti era decisamente semplice: alla triade maschile degli dei si associava anche il culto alla dea madre di nome Brigit; ella era la dea della fertilità e le si attribuiva la scienza della guarigione. Alcune iscrizioni sul tempio di Travo, fanno supporre che fosse dedicato proprio alla dea Brigit. Bobbio invece, deve il suo nome alla tribù celtica dei Galli-Boi, la popolazione che contribuì a far nascere la città vera e propria, come noi la vediamo oggi.

 

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