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IL SANTUARIO DI SANTA MARIA DELLE GRAZIE DI VOGHERA: UN GIOIELLO TARDOGOTICO-RINASCIMENTALE

  • 357      Franco Barbieri
Focus Oltrepò
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Il Santuario di Santa Maria delle Grazie a Voghera è una delle chiese più antiche della città, noto per la sua architettura tardogotica e rinascimentale. È parte di un complesso monastico storico gestito dai Padri Francescani.

Le origini del luogo di culto risalgono al XII secolo. La prima menzione documentaria di un edificio religioso in questa area si trova in un atto del 1153, con il quale Papa Anastasio IV confermava la dipendenza di un monastero di monaci benedettini dall‘abbazia di San Marziano di Tortona. Questo primitivo insediamento benedettino subì diversi cambiamenti nel corso dei secoli. Nel 1410, il monastero passò sotto la gestione dei Frati Predicatori, comunemente noti come Domenicani, che ne curarono la gestione spirituale e materiale per quasi quattro secoli.

Un‘importante trasformazione dell‘edificio ebbe luogo nel 1492, quando il monastero subì un intervento edilizio significativo, con una probabile ristrutturazione che culminò nella riconsacrazione del santuario nel 1511, dedicandolo a Santa Maria del Rosario. In questo periodo, la chiesa mantenne un ruolo rilevante nella vita della città di Voghera e ospitò, nel 1518, il giovane Antonio Ghislieri, futuro papa Pio V, poi divenuto santo.

Tuttavia, con l‘arrivo dell‘età napoleonica all‘inizio del XIX secolo, la stabilità e l‘integrità del santuario vennero messe a dura prova. Nel 1805, sotto il governo napoleonico, il monastero fu soppresso e i beni ecclesiastici espropriati. L‘edificio passò alla città di Voghera e subì vari utilizzi: venne adibito a abitazione, stalla, magazzino militare e, solo occasionalmente, riaperto al culto. Dopo un lungo periodo di declino, la chiesa fu finalmente riaperta al pubblico nel 1858.

Due anni dopo, nel 1860, i Padri Francescani tornarono a gestire il santuario, riportando un po‘ di stabilità e spiritualità al complesso. In quegli anni, come riportato dallo storico Maragliano, la chiesa era caratterizzata da numerosi quadretti della Passione di Cristo appesi ai pilastri, attorno ai quali i fedeli si radunavano per la recita del Rosario.

Nel 1870, il complesso monastico cambiò nuovamente destinazione: in parte fu adibito a uso militare, mentre una porzione del convento divenne asilo infantile, ospitando nel 1871 ben 220 bambini. Solo nel 1926, i Francescani riuscirono a riottenere il controllo completo del convento, che venne restaurato e restituito definitivamente al culto l‘anno successivo, il 1° luglio 1927, con una solenne cerimonia di dedicazione a Santa Maria delle Grazie.

Il Santuario di Santa Maria delle Grazie è un perfetto esempio di architettura tardogotica con influenze rinascimentali. La chiesa è costruita interamente in laterizio a vista, una caratteristica tipica delle costruzioni lombarde del periodo, e non presenta intonaco esterno. Questa scelta conferisce all‘edificio un aspetto austero, ma elegante, in armonia con la tradizione monastica.

La facciata della chiesa, visibile dalla strada, è divisa in due parti principali: una superiore e una inferiore. Nella parte superiore, decorata con lesene e motivi in laterizio, si trovano delle finestre ad arco ribassato che conferiscono un‘elegante simmetria all‘intero prospetto. La parte inferiore è caratterizzata da un cleristorio formato da bifore, le cui colonnine sono anch‘esse realizzate in laterizio, un materiale largamente impiegato nell‘architettura medievale lombarda.

All‘interno, la chiesa presenta una struttura a navata unica, divisa in sette campate da archi ogivali trasversali. Lungo i lati della navata, si aprono una serie di cappelle, accessibili tramite archi a tutto sesto sorretti da robusti pilastri a base quadrata. Queste cappelle laterali sono collegate tra loro da aperture che furono realizzate durante un recente restauro, conferendo all‘interno una maggiore coerenza spaziale e continuità visiva.

In conclusione, il Santuario di Santa Maria delle Grazie non è solo un importante edificio storico, ma un simbolo della resilienza e della capacità della comunità di preservare il proprio patrimonio culturale e spirituale, attraversando secoli di cambiamenti politici e sociali, senza mai perdere la sua essenza sacra e il legame profondo con la fede.

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