Avete mai assaggiato un mais così buono da conquistare persino un re? Vi siete mai chiesti quali tesori si celino tra le colline più autentiche dell’Oltrepò Pavese? E se vi dicessimo che una varietà di mais antica, dimenticata e poi rinata, può raccontarvi una storia fatta di passione, cultura contadina e sapori indimenticabili?
In un’epoca in cui si corre alla ricerca del nuovo, del veloce e del facile, esistono ancora angoli d’Italia in cui il tempo sembra rallentare per lasciare spazio a gesti antichi, a sapori veri, a saperi tramandati da generazioni. Tra questi tesori spicca la Meliga Ottofile, una varietà di mais preziosa e identitaria che oggi, con orgoglio, torna a risplendere nel cuore dell’Oltrepò Pavese. In questo viaggio tra campi dorati, mulini a pietra e piatti fumanti, scopriremo perché questa meliga non è solo un prodotto agricolo, ma un simbolo della nostra storia e della nostra terra.
Un Viaggio Nella Storia
Il nome “Ottofile” deriva dalla particolare conformazione della pannocchia, composta esattamente da otto file regolari di chicchi grandi e vitrei. Una struttura inconfondibile, tanto affascinante quanto funzionale per ottenere una farina dal sapore deciso e intenso. La sua storia affonda le radici nel XIX secolo, quando questo mais era protagonista delle tavole contadine e nobiliari. Si racconta che persino il Re Vittorio Emanuele II ne fosse un grande estimatore, al punto da meritare l’appellativo di “meliga del re”.
Diffusa inizialmente in Piemonte e Lombardia, questa varietà fu per lungo tempo il punto di riferimento per la produzione della migliore farina da polenta. Ma l’avvento del mais ibrido americano ne oscurò l’uso, relegandola per anni all’oblio.
L’Arte della Coltivazione Tradizionale
Oggi, grazie al lavoro instancabile di agricoltori custodi e appassionati del territorio, la Meliga Ottofile è tornata a vivere. La sua coltivazione segue metodi rigorosamente tradizionali, rispettosi dei ritmi naturali e del contesto ambientale. In Oltrepò Pavese, dove il sole bacia i colli e la terra profuma di storia, i contadini la seminano senza irrigazione, utilizzando sementi locali e tecniche di sarchiatura manuale.
La raccolta avviene ancora a mano, così come la sgranatura e la molitura a pietra, elementi che garantiscono un prodotto finale integro nei valori nutrizionali e ricchissimo di sapore. Questa dedizione artigianale rappresenta l’essenza di un’agricoltura lenta, consapevole, profondamente legata alla terra.
Il Rinascimento Gastronomico
Dopo anni di silenzio, la Meliga Ottofile sta vivendo un vero rinascimento gastronomico. Chef stellati, panificatori, ristoratori e amatori della cucina autentica l’hanno riscoperta come ingrediente nobile e versatile. Le sue farine, impiegate per polente cremose, biscotti rustici, gnocchi e torte salate, conferiscono ai piatti un sapore avvolgente e una consistenza unica.
Non solo tradizione: la Ottofile si presta perfettamente anche alla cucina contemporanea, con abbinamenti innovativi e gourmet. Dal risotto con fonduta e polvere di mais tostato, fino al gelato alla meliga, questo mais ha conquistato palati raffinati e nuovi mercati, diventando protagonista anche in fiere, eventi slow food e mercati contadini.
Preservare un Patrimonio
Sostenere la Meliga Ottofile significa valorizzare la biodiversità, rafforzare l’identità agricola dell’Oltrepò e promuovere un’economia circolare, sostenibile e locale. Dietro ogni chicco ci sono storie, volti, comunità. La sua riscoperta è anche un atto politico, culturale, ambientale: un impegno verso la qualità e la memoria.
Le iniziative per tutelarla comprendono progetti di filiera corta, marchi di qualità, collaborazioni con istituti agrari e presidi Slow Food. In questo modo, la Meliga Ottofile diventa anche strumento didattico e simbolo del riscatto agricolo delle aree interne.
Conclusione: il Sapore della Terra
Assaporare un piatto a base di Meliga Ottofile è come fare un viaggio nel tempo. È riscoprire gesti lenti, storie familiari, sapori veri. È riportare sulla tavola il gusto autentico della terra, fatto di semplicità, passione e rispetto per la natura.
Se non l’hai ancora fatto, cerca questa farina nei mercati locali, visita un mulino dell’Oltrepò, chiedi ai produttori di raccontarti la loro storia. Scoprirai che, a volte, basta un chicco di mais per tornare a casa.