Hai mai sentito parlare della schita? È uno dei segreti meglio custoditi dell’Oltrepò Pavese. Una focaccetta sottile, fritta, croccante fuori e morbida dentro. Non fermarti all’apparenza perché la schita è molto di più: un piatto povero, nato dalla cucina contadina, che oggi conquista di nuovo tavole e palati. Profuma di tradizione. Sa di casa. Racconta storie vere.
Un tempo cibo quotidiano, oggi è protagonista di sagre, eventi e ristoranti tipici. Chi la prova, se ne innamora.
Vuoi scoprire perché? Continua a leggere. La schita ti sorprenderà.
Schita: ricetta semplice, valore inestimabile
Preparata con pochi ingredienti — farina, acqua, sale e strutto o olio per friggere — la schita incarna la filosofia della cucina rurale, dove nulla andava sprecato e ogni elemento della dispensa trovava il suo ruolo. Esistono due varianti principali: salata, spesso accompagnata da salumi e formaggi locali, e dolce, con un tocco di zucchero, miele o confettura.
Il suo aspetto può ricordare una piadina, ma non va confusa con quest’ultima: la schita non è lievitata, ha una consistenza sottile e croccante e un profumo inconfondibile. In dialetto viene chiamata anche “schita d’la nona”, “farsüla”, “paradèla” o persino “cola”, per via della somiglianza dell’impasto con quello utilizzato nella cartapesta.
Un piatto che racconta il territorio
Oggi la schita si sta ritagliando nuovamente un posto d’onore nelle cucine dell’Oltrepò, servita in abbinamento ai grandi protagonisti della gastronomia pavese: il Salame di Varzi DOP, la Coppa Piacentina, la Molana, il Pizzocorno, i formaggi tipici della zona e le marmellate artigianali, come quelle a base di pesche di Volpedo.
Ogni variante trova il suo perfetto compagno in un calice di Bonarda, Pinot Nero o Sangue di Giuda, vini simbolo di una terra vocata all’eccellenza enologica. La schita diventa così un ambasciatore gastronomico del territorio, capace di rappresentarne la qualità, la passione e l’ospitalità.
Tradizione che crea attrattività turistica
La riscoperta della schita offre un’occasione preziosa per promuovere il turismo enogastronomico nell’Oltrepò Pavese. Sagre, fiere di paese, eventi culturali e raccolte fondi possono diventare strumenti di aggregazione attorno a questa antica ricetta, stimolando l’iniziativa di associazioni, Pro Loco e amministrazioni comunali.
Iniziative ben strutturate e supportate da strategie di comunicazione efficace possono trasformare la schita in un elemento distintivo della proposta turistica locale. L’integrazione con i fondi regionali, come quelli promossi da Regione Lombardia per la valorizzazione delle tradizioni locali, aprono scenari interessanti anche dal punto di vista del marketing territoriale.
Conclusione: la schita, un simbolo da valorizzare
In un’epoca in cui il turismo cerca sempre più esperienze autentiche e radicate nel territorio, la schita dell’Oltrepò Pavese si conferma una risorsa da riscoprire, raccontare e valorizzare. Non si tratta solo di recuperare una ricetta, ma di restituire dignità a un patrimonio gastronomico che ha saputo attraversare il tempo, portando con sé il sapore di una terra vera, sincera e ospitale.
Portare la schita sulle tavole dei visitatori, nei ristoranti e nelle sagre, significa far vivere una parte importante dell’identità dell’Oltrepò. E ogni morso sarà un viaggio nella storia, tra profumi di casa, suoni dialettali e un calice di buon vino che sigilla l’esperienza.